Categoria: Personale
L’Orfano, l’archetipo ribelle
L’archetipo dell’Orfano, l’incidente scatenante del Viaggio
Attenzione! Il contenuto di questo articolo è una sintesi di parte del contenuto del libro di Carol S. Pearson “Risvegliare l’Eroe dentro di noi” la quale è stata arricchita e rielaborata sulla base dee mie riflessioni e dalla mia esperienza con l’argomento in questione.
Nel precedente articolo abbiamo parlato dell’archetipo dell’Innocente. Oggi parliamo di suo fratello, l’Orfano.
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Anche l’Orfano, come l’Innocente, è una figura legata all’infanzia, ma a differenza dell’Innocente ha conosciuto prematuramente il sentimento della perdita. Nel Viaggio dell’Eroe, l’Orfano corrisponde al momento in cui l’Eroe sperimenta uno strappo nella sua quotidianità, l’incidente iniziale che mette in moto la catena degli eventi.
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Volevo mettere qui una nota letteraria. Tutte le migliori storie di scoperta e di crescita hanno inizio con un momento di orfanizzazione. Per orfanizzazione non si intende solo perdere i propri genitori o un parente caro, ma qualsiasi esperienza in cui veniamo abbandonati o traditi di qualcuno o qualcosa di cui ci fidavamo. Un auto pagata cara che smette di funzionare mentre siamo isolati… Un rappresentante politico che tradisce gli ideali del proprio partito e degli elettori… Un amico fidato che ci parla alle spalle; queste e altre sono esperienze orfanizzanti.
Ora penso al racconto mitico del Buddha. Il giovane principe veniva tenuto dal padre in uno stato artificiale di innocenza, chiuso in un palazzo immenso pieno di meraviglie. Se gli dèi non fossero intervenuti, quel ragazzo sarebbe rimasto lì per sempre, vivendo nello sfarzo, nel lusso e nell’illusione che la vita è fatta solo di cose belle. Assistere alla povertà, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte è stato terribile, è stata cioè un’esperienza orfanizzante, la prova che il mondo non è fatto solo di bellezza e piacere. Eppure è proprio questa esperienza traumatica a mettere in moto il suo viaggio e a farlo tornare con l’elisir: la liberazione.
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Ricordiamo che anche l’Orfano fa parte della sacra famiglia dell’Io, dove svolge una funzione importante: accogliere gli scarti della nostra persona, tutto ciò che abbiamo rimosso o sacrificato per farci accettare dagli altri. L’Innocente ci fa amare dagli altri, ma solo noi abbiamo il dovere e la responsabilità di amare il nostro Orfano interiore. Nell’abbracciarlo, noi impariamo ad amarci così come siamo.
L’Orfano può sembrare inizialmente in opposizione all’Innocente, ma esso non gli è contrapposto bensì complementare. I due archetipi, quando sono sviluppati in maniera sana, si aiutano a vicenda a guidare l’Io nella società. L’Orfano, insegnandoci ad amare noi stessi, ci rende emotivamente indipendenti e impariamo a non affidare il nostro cuore con facilità. Quando poi lo abbiamo sviluppato, siamo in grado di riconoscerlo a partire dalla sofferenza del prossimo, provandone compassione. Ecco quindi i doni di questo bambino: il realismo e la solidarietà. Ma come per tutti gli archetipi, guai a lasciarlo fare senza supervisione! Se è solo l’Orfano a proteggere l’Io, si diventa persone ciniche, chiuse in sè stesse, vittimistiche e incapaci di farsi aiutare.
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L’Ombra di questo archetipo purtroppo la vediamo spesso in azione, perchè le sue azioni oscure occupano facilmente le prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali. Un esempio banale sono le babygang, dove ragazzi e ragazzini si ribellano al sistema che li ha abbandonati, compiendo brutti crimini. In generale, qualsiasi organizzazione criminale nata sotto il segno della ribellione rientra nell’Ombra di questo archetipo. Di solito queste ribellioni non portano alcun cambiamento positivo, nè correggono gli errori che le hanno generate in primo luogo.
A livello individuale l’Ombra si sviluppa quando viene completamente rigettato l’Innocente e si abbraccia tutto dell’Orfano, anche la devianza più perversa, decidendo di esprimerla senza filtri e senza curarsi che questa faccia del male al prossimo, magari generando altri Orfani. Così si creano traumi intergenerazionali, vendette, odii che durano a lungo e che trasformano le persone in una copia di coloro da cui subirono del male.
Infine ci sono quelli che l’Orfano lo hanno buttato nel cassonetto. Quest’ultima categoria è fatta di persone completamente vuote e alienate, ma perfettamente inserite a livello sociale. Vivono seguendo la massa, le mode, gli ordini che arrivano dall’alto e dall’esterno. A volte questo vuoto interiore esce fuori e lo manifestano con comportamenti compulsivi e malsani, eppure non riescono a ricondurlo all’alienazione da sè. Per simili individui non ci sarà mai posto per il vero amore o per la realizzazione dei propri sogni, e forse nemmeno per l’amore filiale perchè non sono in grado di insegnare ad un fanciullo o un adolescente ad amare sè stesso così com’è.
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In politica, la mancanza dell’Orfano sano si traduce in persone che vivono alienate e assenti dalla vita pubblica, incapaci di solidarietà. Altre invece, che coltivano l’Ombra, sono incapaci di dialogo costruttivo e di portare avanti cambiamenti reali. L’assalto a Capitol Hill è emblematico: quel giorno degli Orfani Ombra hanno tentato di cambiare le cose, sbagliando però completamente, mancando metodi e obiettivi. Nel frattempo, Maghi e Sovrani oscuri portano avanti la loro campagna di divide et impera, impedendo agli Orfani prodotti dalle loro politiche maligne di riunirsi e sconfiggerli.
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Io e l’Orfano
Sono vissuta nell’Ombra dell’Innocente, e non a caso, l’Orfano era il mio archetipo più menomato. Non lo volevo accogliere, non volevo dargli il mio amore, ero esattamente come descritto sopra, alienata da me stessa. Nel frattanto la mia Orfana aveva tutto quello che io rifiutavo, sostanzialmente l’identità adulta, e con questa, una pletora di scomode e tristi verità.
Amare l’Orfana e accoglierla in casa è stato un lungo e doloroso lavoro, partito con l’accettare che sono una donna fino all’arrivare a realizzare il mio posto del mondo. E poi ho dovuto accettare una cosa orrenda per l’Innocente: la manchevolezza degli adulti, la loro fragilità, il loro essere umani e fallaci. Sembra scontato ma per me non lo era.
E ora un paradosso: ho faticato anche ad accettare tratti positivi del mio Ego. Perché? Probabilmente perché alcuni tratti positivi comportano una responsabilità, quella di esprimerli, e poi perchè in generale, accettare qualcosa di noi significa prendere atto dei nostri limiti e dare una forma al nostro Ego, riconoscere che ha un inizio e una fine e non si estende all’infinito. Se questo segna una certa fine alla propria ricerca di sè (almeno per un po’) significa anche rimanere con quello che si è al momento, anche se non ci piace. Per esempio, non accettavo il mio stile di disegno, che pure (me lo dico da sola), è bello, ma non è come immagino le cose nella testa o come l’arte dei miei artisti preferiti.
Però alla fine tutto questo è servito. Come l’Eroe, anche noi dobbiamo adempiere al nostro destino e tornare con l’elisir: noi stessi.
L’ Innocente, l’archetipo bambino
L’archetipo dell’Innocente, la prima tappa del Viaggio dell’Eroe
Attenzione! Il contenuto di questo articolo è una sintesi di parte del contenuto del libro di Carol S. Pearson “Risvegliare l’Eroe dentro di noi” la quale è stata arricchita e rielaborata sulla base dee mie riflessioni e dalla mia esperienza con l’argomento in questione.
Nel precedente articolo ho introdotto il concetto degli archetipi, figure simboliche e ricche di significato, strumenti utili per guardarsi dentro e crescere ma anche per influenzare narrazioni. Oggi voglio parlare dell’archetipo che corrisponde alla tappa iniziale del Viaggio dell’Eroe: l’Innocente.
Piccola nota: avevo promesso ai lettori di parlare dell’Orfano e di un personaggio in particolare che lo rappresenta, però ho ritenuto doveroso fermarmi un passo prima e parlare dell’Innocente; questo per schiarirmi le idee ma anche per preparare un’introduzione all’Orfano.
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L’Innocente è l’archetipo che incarna la figura di un bambino, ancora ignaro dei pericoli del mondo, che vive amato e protetto. Esso sta a simboleggiare l’inizio del Viaggio dell’Eroe, quel momento in cui l’Eroe è ancora ignaro del proprio destino o riluttante ad adempiervi. Come l’Eroe, anche noi iniziamo il viaggio della vita ignari dei pericoli del mondo.
L’Innocente, insieme all’Orfano, al Guerriero e all’Angelo Custode, forma il gruppo degli archetipi dell’Io, cioè di quegli archetipi che si occupano del nostro benessere materiale, in sostanza, di mantenerci in vita, sani e protetti. (Per intenderci, il Cercatore, il Distruttore, l’Amante e il Creatore sono il gruppo degli archetipi dello Spirito, e infine il Sovrano, il Mago, il Saggio e il Folle formano il gruppo del Sè. Questi due gruppi hanno altri compiti che poi vedremo.)
Nel gruppo dell’Io, l’Innocente ha il compito di creare la nostra persona, da intendersi come la nostra maschera, il personaggio, cioè l’identità che adottiamo in risposta agli stimoli esterni. L’Innocente probabilmente è l’unico archetipo che nasce insieme a noi e durante i nostri primissimi stadi di vita ci spinge a scegliere il nostro stile di attaccamento, così come a interpretare i segnali che ci mandano i genitori, al fine di essere accuditi da loro.
Crescendo l’Innocente viene affiancato da tutti gli altri archetipi, però continua a lavorare per tutta la vita, assicurandosi che gli altri ci accettino. Chi ancora da adulto ha un forte Innocente che non media con altri archetipi continuerà ad essere una persona che cerca di compiacere gli altri, che si adatta a qualsiasi situazione piegandosi, e molto probabilmente è conformista. Questi tratti non sono necessariamente negativi, ma vanno a detrimento dell’autonomia dell’individuo.
Al contrario, se l’Innocente lavora insieme a tutti gli altri archetipi, e sopratutto, insieme all’Orfano e al Saggio, ci aiuta a mantenerci puri di cuore, cioè ad essere capaci di Fede, a saper coltivare la Speranza e i propri sogni, anche i più irraggiungibili. Con questi doni spirituali il pessimismo, il cinismo e il nichilismo vengono tenuti a bada, e vedono la luce grandi progetti ed opere. Ovunque ci sia stato qualcuno che ha creduto in qualcosa di apparentemente impossibile, vuoi che fosse fede, scienza, un progetto politico, o un’ambizione personale, indossava la maschera dell’Innocente.
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Come ogni archetipo, anche l’Innocente ha un’Ombra. Se l’Innocente buono è quello che ci salva, che ci conduce ad affidarci a Dio o a qualcosa di più grande di noi, l’Innocente Ombra è quello che si è affidato al Male, spesso inconsapevolmente, e rifiuta di guardare la realtà.
Gli archetipi sono frutto dell’interazione con la cultura e con le narrazioni, e perciò, come dicevo nel precedente articolo, possono essere anche influenzati dall’esterno, da parte dei poteri di Maghi Ombra. Brevemente, possiamo chiamare Maghi tutti coloro che lavorano nel mondo alla maniera dell’archetipo del Mago, cioè catalizzando trasformazioni e influenzando la realtà. I Maghi del nostro mondo sono coloro in grado di dominare le narrazioni e che conoscono i segreti che portano al cambiamento del cuore delle persone. I Maghi Ombra usano questo potere per il male, catalizzando cambiamenti negativi oppure ostacolando il cambiamento positivo, e fra queste persone non troviamo lo stereotipico mago col cappello, bensì marketers, spin doctors, influencers, coach, opinionisti, intellettuali e politici che hanno deciso di servire interessi oscuri. Questi Maghi malvagi, insieme ai Sovrani, sono i primi a lavorare contro di noi, per mantenerci nell’Ombra dell’Innocente.
E cos’è quest’Ombra? Essa è l’incarnazione di tutti i lati negativi dell’essere un bambino: inaffidabile, dipendente, abusabile. In famiglia e nella vita ci vogliono così genitori e parenti asfissianti, partner gelosi e possessivi. In generale, qualsiasi persona, azienda, ente o istituzione che diventa ricca dalla nostra debolezza ci vuole Innocenti Ombra. I Sovrani e i Maghi Ombra esistono e diventano ricchi nel tenerci in questo stato di macabra innocenza, sviando il nostro Viaggio dell’Eroe, troncando lo sviluppo del nostro Ego e impedendogli di riunirsi allo Spirito per formare il Sè. Questi nemici, se sono bravi, non usano la violenza contro di noi, bensì cercano di infantilizzarci, di adularci, di tenerci addormentati, indossando il volto dell’Angelo Custode.
L’Innocente Ombra si caratterizza per uno spiccato diniego della realtà con cecità selettiva e un forte senso di nostalgia. Si aspetta sempre che qualcuno faccia qualcosa per lui e non prende mai in mano la propria esistenza. L’Innocente Ombra non ha una vita propria perchè la passa chiedendo il permesso ai suoi padroni per fare qualsiasi cosa; viene da sè che non può mantenere le promesse o dare la parola, nè è mai veramente un genitore anche se genera figli, perchè su di questi non può avere alcuna autorità. L’Innocente Ombra è premiato in qualsiasi ambiente settario e chiuso e fintanto che le cose vanno bene non si risveglierà mai.
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Io e l’Innocente
Questa parte dell’articolo è dedicata al mio personale rapporto con questo archetipo. Parlerò di me, ma questo non impedisce a chiunque legga di trovare qualcosa di utile per sè stesso. Infatti le mie vicissitudini possono servire ad altri che stanno passando la stessa cosa.
Io sono stata a lungo preda dell’Innocente Ombra, per questo mi ossessiona e mi fa paura. Nel mio personalissimo caso ciò è accaduto perchè a guardia dell’Io c’era solo l’Innocente.
Il mio bambino interiore, anzi, la mia bambina, non sapeva come risolvere i miei problemi e non poteva nemmeno farlo. Insieme siamo andate avanti per molto tempo facendoci coraggio e cercando di affogare i problemi con palliativi tipici dell’età adolescenziale: musica, videogiochi, YouTube, doomscrolling. Siccome sono una personalità INFP avevo il pacchetto completo, comprensivo dei sogni ad occhi aperti e delle fughe nel passato. Questo è il riassunto della mia vita adolescenziale.
All’università, lentamente e inesorabilmente, i problemi divennero sempre più grossi, le mie mancanze sempre più evidenti. In questo periodo comprai Risvegliare l’eroe dentro di noi. Pian piano cominciai a rendermi conto di quanto ero messa male.
Toccai il fondo quando non ebbi più modo di fuggire dalla realtà, sperimentando per la prima volta la vita senza filtri, senza condimento. Faceva schifo e non aveva senso di essere vissuta, non era accettabile, al punto che pensai che la vita adulta era una forma di degenerazione, una punizione di Dio. Non capivo come facessero le altre persone a viverla. E però nonostante questo “risveglio” le cose non potevano essere cambiate.
La mia Innocente Ombra era a guardia dello status quo e cambiare le cose significava mettere in crisi la realtà così com’era, provocando stress anche nelle persone che mi stavano intorno. Non avevo il permesso di sbagliare, nè di farmi male, ero ridotta ad una bambola. Gli altri archetipi dell’Io erano pericolosi per lo status quo e venivano umiliati se provavano a uscire fuori. Mi riferisco sopratutto al Guerriero e all’Orfano, che rivendicavano giustizia, libertà e autonomia e invece venivano zittiti, perchè alzare la testa significava mettere in pericolo i legami di cura che mi sostenevano.
Solo a ventun’anni realizzai per la prima volta che io potevo essere libera e decidere autonomamente della mia vita. Fino ad allora mi ero comportata come se fossi stata una macchina in attesa di ordini e mi sembrò assurda e persino proibita l’idea che potessi decidere per me.
Non sono sicura, ancora adesso, di essere sfuggita all’Ombra dell’Innocente, ma in parte sono guarita lasciando che anche gli altri archetipi dell’Io si esprimessero e dicessero la loro su come stavano le cose, in particolare l’Orfano che mi ha costretta a guardare la realtà e a togliere ad alcune persone il possesso del mio cuore. Poi devo ringraziare la Morte, che è entrata nella mia vita (senza bussare ovviamente) e ha aiutato a pulire e portare via un po’ di cose. Infine ho lasciato esprimere il Guerriero, resosi necessario per proteggere il Regno e per condurre una vita adulta.
In verità la lotta contro l’Ombra non finirà mai, perchè essa è profonamente radicata in me e il suo Regno di terrore è sempre pronto a tornare. Però fintanto che anche gli altri archetipi veglieranno, questo verrà tenuto a bada. Ancora una volta vale il motto latino “gnosce te ipsum” come antidoto salvavita: la conoscenza è potere, e la conoscenza dei propri punti deboli è necessaria per l’autodifesa.
Sugli Archetipi
Discussione e recensione del libro di Carol S. Pearson: Risvegliare l’eroe dentro di noi. Dodici archetipi per trovare noi stessi
Qualche anno fa mi sono imbattuta in questo testo studiando per l’esame di Brand Storytelling: per chi non lo sapesse, lo storytelling è l’arte di raccontare storie, narrazioni. Lo scopo del corso era imparare quest’arte con lo specifico scopo di tirare fuori il valore da un brand, di far sì che esso diventi un simbolo capace di creare senso e fornire identità. Gli archetipi, in questo caso, sono degli strumenti di cui lo storyteller si avvale in due modi: nel primo modo il consumatore viene inquadrato identificandolo con un archetipo o cercando di intercettare il suo archetipo più rappresentativo. All’interno della sua storia personale, il consumatore è l’Eroe, e il brand andrà a svolgere il ruolo di aiutante che porta a compimento felice questa storia. Nel secondo modo invece, lo storyteller si serve degli archetipi per comprendere quali valori vuole veicolare un brand, dalla microcelebrità fino alla grandissima azienda.
Questo excursus di storytelling ve l’ho messo per farvi capire in che modo ci si può servire degli archetipi, che lungi dall’essere fantasie pseudoscientifiche, sono invece degli strumenti razionali con effetti sul mondo reale e su di noi.
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Ma cos’è un archetipo?
È difficile spiegare in parole povere questo concetto. Non userò esattamente la terminologia junghiana, ma vi basti sapere che un archetipo è una immagine simbolica, una metafora psichica: più precisamente sono delle figure di ruoli che letteralmente o simbolicamente mettiamo in atto nel corso della nostra vita. Sono aspetti di noi, del nostro carattere, quasi letteralmente i costumi di scena indossati dalle nostre funzioni psichiche, che da invisibili sinapsi si presentano a noi in forma conoscibile e tangibile al pensiero cosciente.
Queste figure simboliche, secondo Jung e la sua scuola, si ripetono sotto varie forme in tutte le civiltà, e fanno parte del cosiddetto inconscio collettivo. Cioè sono un patrimonio collettivo immateriale umano, condiviso perché abbiamo una storia evolutiva comune, che ci rende, nel profondo, uguali gli uni agli altri.
Gli archetipi sono potenti perché sono metafore, strumenti culturali. Se la cultura è una cassetta degli attrezzi, gli archetipi sono cartine al tornasole, specchi, bussole, mappe, contenitori… Infatti, sistematizzando aspetti della nostra psiche sotto forma di figure simboliche possiamo avere un quadro generale di noi stessi: sarà sempre un quadro parziale, in costante mutamento, dal quale sicuramente sfuggono aspetti più sottili e raffinati della nostra psiche; pur tuttavia un quadro utile alla crescita personale.
Ma andiamo al succo!
Gli archetipi indicati dal libro della Pearson sono dodici e sono i seguenti:
L’Innocente, l’Orfano, l’Angelo Custode, il Guerriero, il Cercatore, il Distruttore, l’Amante, il Creatore, il Sovrano, il Mago, il Saggio e il Folle.
Ognuno di loro rappresenta contemporaneamente sia un aspetto di noi, con annesse funzioni psichiche, sia una tappa dell’ormai arcinoto viaggio dell’Eroe, dove l’Eroe siamo noi.
A livello intrapsichico questo è un viaggio da uno stadio inferiore di conoscenza di sé e di sviluppo mentale ad uno stadio superiore, comprendente maturazione, saggezza, e potere personale su noi stessi. A livello interpersonale questo è il viaggio che compiamo emancipandoci e diventando Adulti con la A maiuscola, un viaggio destinato inevitabilmente a scuotere il nostro status quo e a cambiare il nostro spazio vitale prossimo: il rapporto con la nostra famiglia, con i nostri amici, con la nostra casa, con il nostro vicinato, con i colleghi. E infine, a livello sociale, questo può essere un viaggio che ci cambia come cittadini, come umani, con il potenziale di cambiare il gruppo a cui apparteniamo e di portarlo con noi in questo viaggio, facendolo evolvere e cambiando il corso della Storia.
La Pearson, all’interno del suo libro, ci spiega i singoli archetipi con minuzioso dettaglio, non esitando a ricorrere ad aneddotica e a volte anche a qualche volo pindarico in fatto di religione, ma in maniera perfettamente coerente con quello che è l’uso stesso del libro: uno strumento per intercettare la propria narrazione personale.
E per intercettarla ancor meglio, la Pearson ha messo a punto un test a punteggio, che io stessa ho completato più volte, a distanza di anni, per valutarne l’efficacia. Ebbene, il test riporta secondo me risultati affidabili, a patto che si risponda con assoluta onestà. Ovviamente se non si è capaci di essere onesti con sé stessi e se si è pessimi osservatori della propria vita, il test non darà risultati veritieri e potrebbe essere fuorviante, arrivando addirittura ad autosuggestionarci. Purtroppo però, osservare sé stessi e raccontarsi la verità è qualcosa che è al di fuori dei poteri del libro. Il valore del test, delle spiegazioni degli archetipi e del viaggio interiore è da intendersi in senso esclusivamente narratologico, non scientifico.
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Come dicevo all’inizio, i marketers e gli storytellers si servono degli archetipi per farci spendere soldi (ovviamente) ma ancora di più per acquisire potere su di noi ed entrare a far parte delle nostre vite. Se questo non bastasse a convincere qualcuno del potere di questi strumenti, vi basterà sapere che politici e spin doctor potrebbero usarli alla medesima maniera per costruire narrazioni su un popolo o su sè stessi e influenzare così decisioni importantissime come quelle di voto. E poi, ancora, gli archetipi possono essere usati in terapia per aiutare i pazienti a guarire o a iniziare a immaginare una vita diversa da quella in cui si ritrovano. Infine, gli archetipi e il viaggio dell’Eroe si ritrovano in quasi tutte le storie: nei film, nei videoclip, nei libri, nei fumetti, e credo persino nelle canzoni e nelle mostre fotografiche!
Chiunque voglia dar forma ad una narrazione minimamente significativa, non può fare a meno degli archetipi e del viaggio dell’Eroe attraverso cui ci conducono. E a maggior ragione, dobbiamo stare all’erta contro storie che ci sviliscono, che adulandoci finiscono per raccontare la nostra caduta o sottomissione. Le storie hanno il potere di curare, ma anche di far ammalare.
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Detto questo, consiglio a tutti di leggere il libro, che potete acquistare su IBS cliccando sulla copertina. Consiglio anche di visitare il sito personale della Pearson: https://www.carolspearson.com/
Presto scriverò altri articoli in cui parlerò in dettaglio di alcuni archetipi. In particolare mi preme parlare dell’archetipo dell’Orfano, nonché di un personaggio che lo rappresenta emblematicamente…
Il Feature phone
Com’è passare ad un feature phone.
Quello che vedete è il mio nuovo Nokia Flip Phone 2660. Si tratta di un feature phone, cioè di un normale telefono cellulare con connettività limitata. Da quasi un mese questo è diventato ufficialmente il mio telefono.
Perché sono tornata indietro ad un cellulare più semplice?
Principalmente per un maggiore senso di libertà.
Da quando uso questo feature phone, faccio molto a meno dello smartphone, anche se ancora non posso eliminarlo del tutto.
La prima cosa che ho fatto è stata spostare la mia SIM sul nuovo telefono. Da quel momento in poi non dovevo più attendere le telefonate sullo smartphone, potendolo perciò spegnere e riporre in un luogo lontano dalla vista. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
La sera, è facile che io prenda lo smartphone e lo utilizzi come strumento per procrastinare l’orario del sonno. Si sa che essere assonnati è quasi come essere ubriachi: l’ho osservato su me stessa, notando come l’uso del cellulare ad orari notturni era un indicatore valido dell’assenza di autocontrollo dovuta alla stanchezza. Ora che posso spegnere lo smartphone, lo porto in un’altra stanza, così da non doverlo usare nei momenti in cui sono meno in grado di controllarmi. Faccio questo nella speranza che la qualità del mio sonno migliori nel lungo periodo, migliorando anche la mia freschezza durante il giorno.
Non ho smesso di usare YouTube, Instagram o Whatsapp. Tuttavia visitare questi siti da PC garantisce un migliore autocontrollo: c’è qualcosa infatti nella portabilità e intimità dello smartphone che rende difficile controllarne l’utilizzo, dal momento che può seguirti ovunque. Ovviamente spero di potermi staccare da questi servizi prima o poi, o di usarli in maniera sempre più consapevole, e solo se necessario.
Ora che l’intrattenimento facile è svanito, è più facile per me leggere libri, informarmi e dedicarmi ai miei hobby. Ho notato anche un aumento della quantità e qualità delle telefonate che faccio. Ora sono più in contatto con le persone a cui tengo, e, assurdo, ho ripreso a giocare online! Spero di fare sempre più telefonate e riprendere l’arte di sentire le persone a me vicine.
Purtroppo però, non ci sono solo buone notizie. Ho infatti subito un’amputazione: il mio rapporto con la musica. Il mio smartphone infatti era anche un mp3, e grazie a Spotify e YouTube Music potevo ascoltare molta musica. Dalla musica dipende il mio rapporto con la fantasia dal momento che la musica mi aiuta tantissimo a fantasticare. Nel momento in cui si vuole tornare ai “bei vecchi tempi”, c’è tutto il problema di comprare musica o scaricarla, trasferire le proprie canzoni, tenere aggiornate tutte le proprie librerie ecc…
Il mio rapporto con la musica va rivisto, ma è quanto mai importante che io ne riprenda il controllo in qualche modo. Forse comprerò un mp3.
In ogni caso, a meno di un mese di distanza, mi sento già di poter consigliare il mio feature phone anche ad altri. Un’unica pecca: non ha un hotspot che potrebbe farlo lavorare in sinergia con il PC. Ma è una pecca aggirabile, e che proverò presto ad aggirare.
Per ora, il percorso verso la libertà continua.